mercoledì, ottobre 31, 2007

Saturday Looks Good To Me, Fill Up The Room

Svegliarsi nel proprio letto e capire che, nonostante gli anni trascorsi, non si scriverà mai un capolavoro; cercare quindi il luogo migliore per seppellire la propria giovinezza indie pop. E' quanto sembrava accadere ai Saturday Looks Good To Me, dopo un silenzio che durava ormai da tre anni. La band del Michigan ritorna, invece, con questo quinto album, a "riempire la stanza" con i tamburelli, l'elettronica-fai-da-te, le trombe e gli strumenti vintage con cui hanno trascorso le estati ("Edison Girls"). La sensazione, ascoltando gli undici pezzi di Fill Up the Room, è allora quella di essere già stati qui; di aver già sentito la voce di Fred Thomas cercare ora le asciuttezze dei Neutral Milk Hotel ("When I Lose My Eyes"), ora i percorsi urbani di Stuart Murdoch ("Peg"). Ma, anche se non si trova nulla di nuovo nella stanza, è quasi arrivato l'inverno - un'altra ora e sarà giorno... (6.3)

martedì, ottobre 30, 2007

Sigur Rós, Hvarf - Heim

Una volta intrapreso il cammino, non c'è modo di tornare indietro; non c'è alternativa tra la quiete del piano e le esplosioni post rock dell'epilogo. Non resta dunque che avanzare, oltre la prigione di carne in cui sono rinchiuse le corde vocali, tentando un improbabile assalto al cielo. E' quello che fanno gli islandesi Sigur Ros in Hvarf - Heim, doppio album diviso tra inediti (5, escluso "Hafsól") e versioni acustiche di vecchi brani (6), in uscita il 5 Novembre per XL. E' un incedere lento, il loro, in cui il dolore viene nascosto dietro simboli e parole incomprensibili. Una lenta processione a cui, lungo la via, si aggiungono alcuni strumenti (chitarra e batteria in "Í Gær"), altri aumentano d'intensità (gli archi di "Von"), altri ancora tacciono per sempre. Infine, però, proprio la liturgia invisibile degli alberi, che dovrebbe tracciare il cammino, segna invece il tempo che è trascorso da quei momenti, con tutto quello che dietro abbiamo lasciato. (7.1)

lunedì, ottobre 29, 2007

Gonzo48k, Hi-Fi Lovers

I Gonzo48k lanciano nello spazio il loro satellite of love, prima che sia troppo tardi. Lo fanno dalla base di Rovigo, sotto bandiera Pippola Music, attraverso un segnale che passa per la stazione svedese della Labrador e per le antenne bagnate di pioggia dei Belle and Sebastian ("Johnny & Candy"). Le trasmissioni che seguono raccontano la storia di due terrestri (Luca Marrocco e Simone Pizzardo) che, innamorati della luna, diffondono i loro appelli su frequenze 8-bit. I 10 messaggi di Hi-Fi Lovers (buy here), infatti, partono dalle corde pizzicate di una chitarra ("Angel") ma, una volta superata l'atmosfera, si trasformano in lacrime digitali di un sistema solare color pastello ("Shine"). E, mentre la voce si sparge tra i pianeti della galassia, restiamo ad ammirare i fiocchi di neve elettronica che cadono qui sulla terra. (7.2)

domenica, ottobre 28, 2007

Ryan Adams, Follow the Lights EP

Anche per Ryan Adams non c'è nessun luogo dove andare, se non casa. Dopo gli spettri di 29, il cantautore di Jacksonville richiama i Cardinals e torna al caro alt-country (rock), prima con Easy Tiger e quindi con questo Follow the Lights. Lo fa di notte, seguendo le luci ancora accese delle case, con sette canzoni (tra cui una cover degli Alice In Chains, "Down In A Hole") sul dolore della perdita; col piano accompagnato dolcemente da chitarre e batteria a volte troppo pulite ed ordinarie ("My Love For You Is Real"). C'è infatti qualcosa di freddo, in questo continuo dolersi: il sospetto che la rielaborazione musicale dell'abbandono si fermi alla scenografia -il cibo lasciato sul tavolo vuoto, le bollette non pagate- senza scrutare nell'oscurità profonda, per timore di deludere gli ascoltatori. Come faremo a sapere se tutta questa sofferenza corrisponde al vero? (6.9)

sabato, ottobre 27, 2007

Robert Pollard, Coast To Coast Carpet of Love

La casa di Robert Pollard, meglio conosciuto come ex leader dei Guided By Voices, ha, anche nelle stanze dove batte sempre il sole, un angolo buio dove ombre prendono forma. E' qui che nasce Coast to Coast, ennesimo album per il songwriter dell'Ohio, in uscita contemporanea per Merge con Standard Gargoyle Decisions (la recensione, qui). Si tratta di 16 storie racchiuse in una scatola, 16 sguardi di breve durata su sogni infranti di gente comune ("Our Gaze"); su vite di ordinaria disperazione ("Count Us In"), filtrate attraverso combinazioni sempre differenti di chitarra-basso-batteria, che ci riportano alla mente i primi R.E.M. In breve, come rimanere seduti a fissare il pavimento, dopo miglia e miglia percorse, col sole tiepido che ci accarezza la schiena. (7.3)

venerdì, ottobre 26, 2007

Grizzly Bear, Friend EP

Orgogliosi delle loro origini rurali, nonostante siano residenti a Brooklyn, i Grizzly Bear chiamano a raccolta amici vecchi e nuovi (Beirut, Dirty Projectors, ecc.), per un EP con ben 10 brani -3 cover da parte di CSS, Band of Horses ed Atlas Sound- in uscita per la Warp. Friend diventa così quell'angolo di quiete a cui tutti aneliamo e di cui andiamo alla ricerca in vita; un canto antico, intonato in mezzo al vuoto sconfinato delle stelle ("Little Brother"); dove gli strumenti tradizionali danzano insieme a laptop e chitarre elettriche ("Granny Diner"); dove le parole, recitate in coro, diventano un'isola in mezzo alle esplosioni di batteria e gli squilli di trombe ("Alligator"). Pazienza se, una volta finito il disco, bisogna sistemare la testa sul cuscino e rigirarsi sul letto per premere di nuovo il tasto play. (7.0)

giovedì, ottobre 25, 2007

Annie Hall, Cloud Cuckoo Land

Come svegliarsi presto un mattino e fare colazione. Il sole appena sorto, la mente sgombra da ogni pensiero. Così le canzoni di "Cloud Cuckoo Land" (order here), album di debutto per i bresciani Annie Hall, uscito per Pippola Music, sarebbero la colonna sonora ideale di quei momenti, quando la città conserva ancora tutto il suo fascino - almeno nella nostra testa. E' però solo un istante: il resto dei giorni è spesso un sentirsi strani ed aver voglia di andare via: così, l'elettronica al succo d'arancia di "Uncle Pig" non ci basta più; la chitarra di "Another Age" assume un suono tristemente metallico; e d'improvviso svanisce il bisogno di campanellini e chorus appiccicosi ("Ghost's Legs"). In questi giorni, non cerchiamo di fare cose straordinarie: ci limitiamo ad esistere e godere delle giornate di sole, quando -appunto- capitano. (6.4)

mercoledì, ottobre 24, 2007

Castanets, In The Vines

Conoscere "i" Castanets non è ascoltare una loro intervista o prestare attenzione a come si vestono: essi sono la misura esatta delle loro canzoni, lunghi e tristi monologhi la cui fine è ormai decisa. Basta dunque chiudere gli occhi e voler vedere...le montagne, oltre i loops lancinanti e gli attacchi di panico elettronico di In the Vines, terzo album per il californiano Ray Raposa (dopo Cathedral e First Light's Freeze), in uscita per Asthmatic Kitty; oltre le infinite distese sonore ("Three Months"), dove le percussioni e gli accordi sempre uguali scandiscono il lento scorrere dell'attesa ("Sounded Like A Train, Wasn't A Train"); almeno fino a quando non ricompare la magia della speranza. (6.8)

martedì, ottobre 23, 2007

Arthur & Yu, In Camera

A metà del guado, tra canzone impegnata ed indie pop sbarazzino, indecisi su dove e come muovere i primi passi, troviamo Grant Olsen e Sonya Westcott, alias Arthur & Yu. Dal lato SubPop di Seattle, via Memphis Industries in Europa, i due giovani americani decidono di richiamare i loro più cari ed, a volte, inconfessabili ricordi d'infanzia. I brani di In Camera sembrano, infatti, cullare l'ascoltatore come dolci nenie della buonanotte cantate ad un bambino. Le canzoni però, guidate dalla voce dylanesque di Grant ("Lion's Mouth") ed accompagnate da tastiere Casio e tamburelli, troppo presto svaniscono come bolle di sapone, finendo per farci scivolare, lentamente, nel torpore ("There Are Too Many Birds"). Un disco consigliato solo a qualche cuore solitario, che si ostina a cercare i papaveri anche d'inverno, quando l'erba non cresce più. (5.4)

lunedì, ottobre 22, 2007

Sambassadeur, Migration

Si riparte da quei quattro accordi quattro del self-titled d'esordio; dalla coinvolgente "Between The Lines" (vedere la recensione del singolo su indiepop), citata da molti tra le migliori canzoni del 2005. Tutto, dai clap-hands sparsi qua e là, alla strumentazione vintage (violini, fiati, tamburelli, ecc.), ai dolci effetti elettronici à-la Legends, sembra riecheggiare le promesse fatte due anni fa, senza alcuna esitazione, solo qualche sottile cambiamento ("Subtle Changes" nel podcast di lazysundays): basta ascoltare le prime note di "Migration" (in uscita per Labrador il 24 Ottobre, pre-order here), infatti, e la magia indie pop dei Sambassadeur subito rinasce. Ma la giovinezza musicale, come tutte le stagioni dell'esistenza, difficilmente può essere ripetuta ("Someday We're Through"); oppure siamo soltanto noi a non essere più così, giovani abbastanza per credere solo alle promesse. (6.7)

domenica, ottobre 21, 2007

Neil Young, Chrome Dreams II

Per tanto tempo le highway ventose e desolate sono state la sua casa. Lungo queste strade ha camminato ramingo e senza meta per tutti questi anni, seguendo la scia di luce tracciata dalla sua sei corde (per un riassunto esaustivo delle ultime uscite, rimando al post di indiessolvenza). Il suo viaggio riprende ora con questo Chrome Dreams II, figlio illegittimo dell'omonimo e mai pubblicato album del 1977. Ma, nonostante gli anni -i lutti, il successo, le crisi- la rabbia country-rock di Young si è conservata pressochè intatta ("Spirit Road"): come un viaggiatore solitario che scruta ogni persona incontrata fin nelle ossa, infatti, l'artista canadese continua il suo pellegrinaggio americano, alla ricerca dell'umanità/debolezza della sua gente ("Ordinary People"); sicuro del fatto che l'importante non sia sapere dove si è diretti, quanto il mettersi sulla strada. (7.2)

sabato, ottobre 20, 2007

Roisin Murphy, Overpowered

La voce ed i fianchi di Roisin Murphy continuano, anche in questo Overpowered, a dividere gli ascoltatori al pari delle dispute calcistiche o delle preferenze tra brune e bionde - vedere, a tal proposito, i post di poetadisottofondo e nonsischerzapiu. Come per il precedente Ruby Blue (Echo, 2005), dunque, anche il suo secondo album solista, in uscita in questi giorni per EMI verrà considerato da alcuni come un concentrato di basi elettroniche Reason-like, su cui si innesta un cantato un po' troppo ammiccante e simil-Ciccone ("Movie Star"); altri, invece, difficilmente riusciranno a tenere ferme le gambe ("Cry Baby") e mantenersi razionali davanti all'esuberante femminilità dance ("Checking On Me") ed ai bioritmi (campionati) sempre al rialzo dell'ex Moloko. (6.7)

venerdì, ottobre 19, 2007

British Sea Power, Krankenhaus? EP

Certi gruppi come i British Sea Power non ne vogliono proprio sapere; non vogliono uscire da una particolare scena di riferimento; non vogliono scrollarsi di dosso certe etichette (British Rock? Guitar Pop? Epic?) oramai consumate; ma non rifiutano mai -idealmente- di suonare in un locale, ubriacarsi e fare casino. Come in questo "Krankenhaus?", EP che precede il loro terzo album, "Do You Like Rock Music?". Mettono così, nelle esibizioni, tutte le loro energie (le esplosioni di "Atom") e limitano al minimo indispensabile le pause di riflessione ("Straight Down The Line"). Forse è il pensiero che, alla fine, qualcuno comprerà comunque il disco; forse la convinzione che ci sarà sempre qualcuno pronto ad ascoltarli dal vivo; o forse è il troppo alcool, a far sì che, comunque vadano le cose, non si pongano molti problemi. (5.2)

giovedì, ottobre 18, 2007

The Hives, The Black and White Album

Come uno di quei dischi ascoltati svogliatamente da bambini, senza capirne le parole e senza preoccuparsi di afferrarne il senso, così "The Black & White Album" è qualcosa che abbiamo già sentito, sotto mentite spoglie, da qualche altra parte. Gli Hives, infatti, sintonizzano per la quarta volta il VCR sulla doppia velocità e registrano 50 minuti abbondanti di rock'n'roll ("Well Allright"), in cui il dialogo elettrico fra le chitarre è scandito da battiti di mani ed urla festanti ("Try It Again"). Ma le troppe gocce di sudore finiscono per far perdere lucentezza a questi giovani svedesi ("Hey Little World") che, con i loro completi bianchi e neri, cercano di farsi largo tra i fan degli Strokes e gli emuli di Arctic Monkeys & C. Una band, dunque, che sembrerebbe capace di spaccare in due lo studio di registrazione, ma che invece finisce per lasciare tutto pulito ed in ordine. (5.5)

mercoledì, ottobre 17, 2007

Dave Gahan, Hourglass

Sono passati appena due anni dall'apprezzato "Playing The Angel" (Mute, 2005) e l'altra metà dei Depeche Mode ritorna a viaggiare da solo, alla ricerca -forse- di un'alternativa indipendente alla sua onorata carriera. In questo suo secondo tentativo, dopo "Paper Monsters" (Mute, 2003), Dave Gahan cade, però, nell'equivoco di scambiare la disponibilità all'ascolto con la tristezza e la rabbia dell'ascoltatore, finendo per dare tutto per scontato. Non basta infatti l'aiuto di Andrew Phillpott (chitarra) e Christian Eigner (batteria) per uscire dal cliché dell'eroe romantico e solitario che lotta contro il titano ("21 Days"); né gli inserti elettronici, mischiati alla sua voce metallica e disumanizzata, possono nulla più che una sublimazione sintetica del dolore ("Miracles"). In breve, un disco che aspira a dare, soltanto, un ulteriore impulso consumistico all'adolescente confuso di turno. (4.5)

martedì, ottobre 16, 2007

Ian Brown, The World is Yours

Ian Brown è stato uno dei protagonisti del periodo d'oro del Brit-Pop. Di quel tempo che fu, l'ex Stone Roses tenta di riportare in vita immagini ed impressioni, attraverso un doppio cd con 12 brani inediti ed altrettanti arrangiamenti per orchestra. Purtroppo, il ritorno nella Londra dei primi '90 si rivela, sin da subito, la ripetizione di una strada percorsa troppe volte ("Some Folks Are Hollow"), con in testa sempre la stessa canzone. Anche i più incalliti fan di Verve & C. si accorgeranno presto, infatti, che archi e basi elettroniche non bastano a riportare indietro nel tempo ("Sister Rose"); e nemmeno rivedere amici di vecchia data (l'irlandese Sinead O'Connor in "Illegal Attacks"). In definitiva, un'altra passeggiata a Hoxton Street, ma con un Ashcroft poco ispirato. (4.9)

lunedì, ottobre 15, 2007

Ween, La Cucaracha

Sebbene in "La Cucaracha", undicesimo album di Aaron Freeman e Mickey Melchiondo alias Ween, ogni pezzo faccia storia a sè, il filo conduttore del disco sembra essere una stereotipata atmosfera latina, appresa sulle tovagliette dei takeaway Tex-Mex ("Learning To Love"). E' però l'idea di non prendere niente sul serio che, trasferita sul piano artistico, finisce per compromettere ogni traccia, dando vita ad un melting "pop" in cui ogni suono non è altro che l'immagine riflessa di quello che lo si crede ("With My Own Bare Hands"). L'ennesimo LP per la band di New Hope verrà, dunque, sicuramente ascoltato nei dormitori dei college, riproposto in qualche party dall'alto contenuto alcolico ed apprezzato dallo zoccolo duro dei loro fans ma, per il resto, sarà dimenticato abbastanza in fretta: giusto il tempo di finire il semestre. (5.0)

domenica, ottobre 14, 2007

Scout Niblett, This Fool Can Die Now

Attraverso le 14 tracce di "This Fool Can Die Now" (Beggars), quarto album di Emma Louis Niblett alias Scout Niblett, trasuda la solitudine di una donna-artista, chiusa nella sua stanza, prigioniera delle sue composizioni che nutre di note e di dolore. La cantautrice inglese si rivolge ad un amato immaginario, impersonato in questo caso da Will Oldham, a cui confida -come al vento- i suoi segreti. Le parole che usa prendono generalmente vita da alcuni sonnacchiosi accordi di chitarra acustica ("Elizabeth"), ma sovente esplodono in un rock elettrico e rabbioso ("Let Thine Heart Be Warned"). Anche nei momenti più intimi però, la voce fragile e potente di Emma è come una lama puntata alla voce dell'ascoltatore ("Your Last Chariot"), che lo conduce tra questi due estremi: tra le lacrime che sgorgano come quando eravamo bambini ed il pesante fardello dell'esistenza. (7.1)

sabato, ottobre 13, 2007

Robert Wyatt, Comicopera

Robert Wyatt compone quasi una canzone l'anno ed un album ogni quindici, ma solo con l'aiuto degli amici (Brian Eno, Paul Weller e Phil Manzanera) e della compagna Alfreda Benge, come nel caso di "Comicopera". La sua è una diversa concezione del tempo e dello spazio, in cui l'arrivo - eventuale - di Godot non è artisticamente importante quanto l'attesa stessa ("Anachronist"). Il suo primo album per la Domino è infatti un quadro sonoro dai colori tenui, fatto di lunghe linee musicali (pianoforte, tromba e trombone, sassofono, ecc.) che corrono ondulate e parallele da una parte all'altra della tela ("On The Town Square") e dove la voce è barometro degli stati d'animo cangianti ("You You"). Consigliato a chi non starnutisce soffiando via la polvere dalla copertina di un disco (7.5). Per chi è, invece, allergico agli acari, (5.9).

venerdì, ottobre 12, 2007

Amor Fou, La Stagione del Cannibale

Passerà, prima o poi, la tristezza che rende simili i cantautori italiani. Intanto, però, gli Amor Fou riescono ad aprire una breccia nei nostri cuori, fino a raggiungere la corrispondenza dell'animo. Il gruppo, nato dall'incontro tra Alessandro Raina (Giardini di Mirò), Cesare Malfatti (La Crus), Leziero Rescigno (Soul Mio) e Luca Saporiti (Lagash) bagna di lacrime il pentagramma elettronico dell'esistenza ("La Convinzione"), dove ogni minima variazione nella base o nella voce corrisponde ad attimi di infinita solitudine. Emozioni da "Sussidiario Illustrato della Giovinezza" ("Due Cuori, Una Dark Room"), custodite gelosamente negli anni e rielaborate in pagine e pagine di diario, alla ricerca della parola giusta per descrivere la distanza ("I Ritorni"). Come momenti rubati alla luce che muore - quasi si riesce a sentire il profumo dell'estate che ci abbandona... (7.0)

giovedì, ottobre 11, 2007

Radiohead, In Rainbows

Il sistema operativo viene riavviato e si ricomincia dall'inizio (o quasi): da quell'"Ok Computer" che li aveva consacrati definitivamente a band di culto ed aveva portato loro fama, gloria e soldi. Si riparte da qui per cercare di capire se l'innocenza musicale è ancora possibile. Ma, prima ancora di trovare la risposta, tutto è già successo nella loro testa. La band dell'Oxfordshire prova così, per la settima volta, ad individuare quel bug del sistema che costringe il pensiero ad essere intrappolato in un corpo. A guidare la ricerca, e ad indirizzarla tra le cartelle acustiche di Jonny Greenwood, è la voce - a tratti spettrale, a tratti rabbiosa - di Yorke ("Jigsaw Falling Into Place"). Ma, dietro la patina della forma canzone, si celano strane inquietudini elettroniche ("Weird Fishes Arpeggi") e gli accordi di chitarra sfumano presto in sinistri loops ("All I Need"). Alla fine, il bug cercato si trova già in un'altra cartella; e così pure i Radiohead. (7.3)

mercoledì, ottobre 10, 2007

Enon, Grass Geysers...Carbon Clouds

Gli Enon, band americana che vanta più di un'affinità con i "cugini" Pace e Makino, partono in questi giorni per il loro quarto viaggio, "Enon, Grass Geysers...Carbon Clouds", innalzando bandiera Touch & Go. Rispetto al precedente "Hocus Pocus" (2003), il ritmo delle loro peregrinazioni sonore tra chitarra, basso e batteria rimane alto; e la voce di Toko Yasuda ci riporta, in alcuni casi, nella galassia della nostalgia ("Colette"), in sella ad accordi-cometa che corrono lungo traiettorie noise pop ("Labyrinth"); in altri, il trio newyorkese si limita ad inserire il pilota automatico, pur sapendo di andare incontro a tempeste di meteoriti Blonde Redhead ed Asobi Seksu ("Pigeneration" e "Mr. Ratatatatat"). Alla fine del viaggio, la band riesce comunque a trovare il proprio posto nell'universo musicale, anche se in un pianeta già abitato. (6.7)

martedì, ottobre 09, 2007

The Autumns, Fake Noise From A Box Of Toys

Senza possibilità di ripensamenti, gli Autumns hanno già deciso, con questo "Fake Noise From A Box Of Toys", di ignorare l'ascoltatore. Dopo il successo del loro self-titled album (Bella Union, 2004), la band di Los Angeles decide di innalzare il proprio indie pop/rock su un piedistallo, rinchiuderlo in una nicchia atona e trasparente e circondarlo con il rifiuto di aprirsi al mondo ("Uncle Slim"). In questo loro quarto LP, tutto sembra infatti ridursi a vuota espressione artistica ("Night Music"), in cui l'anima si è da tempo smarrita e dove la melodia finisce per essere semplice accessorio per la voce di Matthew Kelly. Una band dunque che aspirava a costruirsi un rifugio sulle stelle ("Killer In Drog"), seguendo i falsetti di Matthew Bellamy, e che invece finisce per cadere dal letto e svegliarsi col bootleg dei My Chemical Romance. (5.0)

lunedì, ottobre 08, 2007

Amari, Scimmie d'Amore

La tastiera di un computer che precede un'orchestra di cerniere lampo campionate: così si apre "Scimmie d'Amore", quinto album degli Amari (compreso "Contingente", album firmato a metà tra Amari e 21), in uscita il 12 Ottobre per Riotmaker. Reduce dal successo di "Grand Master Mogol" (2005) ed armata di strumentazione classica e sintetizzatore, la band friulana aspira questa volta a trovare, sui motori di ricerca, quel cuore nascosto sotto un mucchio di foglie-pagine digitali - quei ricordi chiusi nel cassetto virtuale di un blog ("Manager Nella Nebbia"). In rete però succede che le parole volino alte, senza che noi le possiamo raggiungere ("Arpegginlove"); che si ripetano ricerche sonore già abandonware (la title-track); e che, alla fine, non rimanga altro che evitare, al povero lemming-Bersani, di cadere nei tranelli elettronici dei Daft Punk ("Ice Albergo"). (6.2)

domenica, ottobre 07, 2007

Josh Ritter, The Historical Conquests of Josh Ritter

Come il vento improvviso, in una notte d'estate, sorprende chi ancora s'attarda a guardare le stelle; come lo scompiglio che crea una femme fatale all'ignaro ed occhialuto lettore, facendogli perdere il filo e la trama del libro; così ci sorprende Josh Ritter, mentre cerchiamo conferme altrove: tra il nuovo di Springsteen ed il "ripescaggio" di Young, spunta infatti il giovane cantautore americano con il suo "The Historical Conquests Of Josh Ritter", seguito dell'ottimo "The Animal Years" (V2, 2006). Seduto in una fattoria del Maine, chiaramente indicata, sulla tradizionale cartina del country-folk, tra Dylan e Cash ("To The Dogs Or Whoever"), il songwriter di Moscow ricama sulla sua chitarra acustica paesaggi dell'anima ("Moons"), sconfinate praterie musicali dove il suono del vento si fa melodia ("Still Beating"); e non si comprende se sia davvero lui a suonare, oppure sia la notte a mostrare, al viaggiatore solitario, costellazioni di accordi nell'immensità del creato ("The Temptation Of Adam"). Perdere questo disco sarebbe come lasciar passare, indifferenti, l'amore di una vita. (8.5)

sabato, ottobre 06, 2007

Matt Pond PA, Last Light

L'annuncio del giorno trova adolescenti riversi su tappeti sporchi di cenere e birra a basso costo. Anche nel peggiore degli scantinati la notte, che sembrava senza fine (e senza sonno), ha un termine e, con le prime luci dell'alba, tornano pure i pensieri - comete silenti che puntano al nordo di ogni dove. E' proprio seguendo queste coordinate che i Matt Pond PA giungono all'ottavo album. Con alle spalle una colonna sonora per la FOX Television ed alcune esibizioni al fianco di Ted Leo & The Pharmacists e Neko Case, la band di Philadelphia ripropone un indie (pop) rock di facile presa, che alterna ballate acustiche ("Wild Girl" e "It's Not So Bad At All") a pezzi più energici ("People Have A Way"), da consumarsi però - preferibilmente - prima della maggiore età. In breve, i Neutral Milk Hotel annacquati dall'ultima puntata di O.C. (5.7)

venerdì, ottobre 05, 2007

Robert Pollard, Standard Gargoyle Decisions

Avreste potuto incontrare Robert Pollard ad un concerto degli Stones, in fila per andare al cesso; oppure in un pub, a sbronzarsi insieme a Mark Lanegan, Kurt Cobain o Iggy Pop, tanto la sua musica puzza di sesso ed alcool. Per l'ex Guided By Voices, il tempo sembra essersi fermato, infatti, alla New York del CBJB. L'ispirazione, quella no però; ed il songwriter di Dayton ne dà prova in questo ennesimo album, in uscita contemporanea con "Coast To Coast Carpet Of Love", entrambi per Merge. Difficile definire le 17 tracce di "Standard Gargoyle Decisions" "canzoni": somigliano piuttosto alle sfuriate di un ubriaco sbattuto fuori dal locale ("Here Comes Garcia"); pezzi brevi e veloci come uno shot di tequila ("Pill Gone Girl"); chorus scivolosi ed unti come il bancone di un bar ("Shadow Port"); come i deliri di uno sciamano del rock'n'roll a stelle e strisce, che celebra i suoi riti - idealmente - da una cella di San Quintino. (7.4)

giovedì, ottobre 04, 2007

Stereophonics, Pull The Pin

Gli Stereophonics non sono i Nirvana o i Pearl Jam. Anche se alzano il tiro ("Pass The Buck"), il volume alto non sembra riuscire a scuotere più di tanto l'ascoltatore di questo "Pull The Pin", sesto album della band gallese, in uscita per V2. Il loro è però un pop che non si vergogna d'esserlo; le cui canzoni non cercano il falso e momentaneo sollievo, ma semplicemente "dicono" qualcosa ("Daisy Lane"). E' puro e sano Brit-Pop (Rock), di quelli che si ascoltavano una volta ("Stone"), quando Gran Bretagna voleva dire Mansun e Stone Roses, non c'era ancora Pete Doherty ed i titoli delle canzoni erano brevi. Dodici pezzi che raccolgono “le cose migliori di 10 anni in un disco”, dice Kelly Jones. Musica quindi che guarda altrove, ma con in testa i cartelloni della Coca-Cola ed i Brit-Awards. (6.7)

mercoledì, ottobre 03, 2007

Iliketrains, Elegies To Lessons Learnt

La follia pervade, dal principio alla fine, il primo LP, targato Beggars Banquet, degli Iliketrains, dopo l'apprezzato esordio di Progress Reform (Fierce Panda, 2006). La follia come unica via che rimane al condannato sulla forca ("The Deception" e "Spencer Perceval") mentre richiama all'appello tutti i suoi peccati; tutti gli spettri che lo hanno perseguitato nel corso della sua vita. Come un Cave pensieroso, seduto lungo il fiume dell'oblio con la testa tra le mani; e con un piglio storico che mira a ri-vivere piuttosto che a narrare, la band inglese confeziona 11 lunghe orazioni dall'incedere lento - quasi zoppicante - come cortei di un funerale ormai prossimo, in cui i sussurri crescono col passare dei minuti (gli archi di "We All Fall Down" e l'intensità chitarra-batteria di "Remnants Of An Army"), fino alla liberazione finale che arriva - soltanto - con la morte. (7.1)

martedì, ottobre 02, 2007

Chantalle, Homo Homini Deus

Una CD di Samuele Bersani ed una manciata di MP3 dei The Boy Least Likely To, un assolo di chitarra ed il proprio orologio biologico come bussola dell'esistenza: a questo si aggrappa disperatamente l'Homo Homini Deus di Chantalle, al secolo Francesco Benincasa, un passato nei Babalot ed alcuni ottimi dischi all'attivo. La base elettronica, che si dipana quasi ininterrottamente lungo le 11 tracce di questo album (ascoltabile gratuitamente sul sito della Nonerecords), è qui la sinistra annunciatrice della vanità-peccato originale che cerca nell'arte una via di salvezza ("Impara l'Arte"), un'uscita d'emergenza da una stanza che diventa ogni giorno più stretta ("Giochi di Ruolo"). Allora, davanti allo sgonfiarsi delle cose e ad una guerra senza fine ("Occhi di Febbre"), non resta che tornare ai cari riff di chitarra, suonati con la consueta ironia e con l'innato talento che contraddistingue il musicista romano (7.3)

lunedì, ottobre 01, 2007

Prefuse 73, Preparations

"Ogni giorno è solo un'estensione del giorno precedente". La speranza è persa in labirinti elettronici, filtrata dalle luci al neon delle storie passate, in un limbo virtuale in cui non c'è traccia di vita. E' attorno a queste sensazioni che "si genera" il nuovo album di Scott Herren, meglio conosciuto come Prefuse 73 (insiemi ad altri moniker quali Savath & Savalas, Delarosa and Asora e Piano Overlord). Il quarto lavoro del produttore/artista di Miami, in uscita per la Warp, vede l'elaborazione di un mondo glitch in cui i cambiamenti dell'esistenza sono surrogati da modificazioni del tappeto sonoro: archi che schiudono temporaneamente l'oscurità digitale ("Prog Version Slowly Crushed"), voci che cercano di emergere in mezzo al mare di impulsi ("I Knew You Were Gonna Go"), danze tribali intorno al dio-sintetizzatore ("Class Of 73 Bells"). La percezione - ormai alterata - della realtà diventa quindi schizofrenica, risolvendosi nella ripetizione ossessiva di un'equazione sempre uguale. (7.0)