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I
Gorillaz ripartono dai
D-Sides
di
Demon Days
, cioè dai 13 brani + 9 remix che non hanno trovato spazio in quello che -sempre secondo noi- è stato "l'album" del 2005. Qui però, a differenza di due anni fa, la virtual band by
Damon Albarn e
Jamie Hewlett imbocca subito un'anonima autostrada elettronica ("68 State") -si lancia in certe direzioni, per poi cambiarle durante il tragitto- cercando una conclusione al viaggio precedente: un ritorno a casa Blur dunque ("Hong Kong"), dopo una notte di baldoria e divertimento, in cui i quattro carto-ceffi cambiano svogliatamente e continuamente stazione radio, impostando i settings dell'equalizzatore su generi sempre diversi (Brit-Pop, Gospel e perfino il Reggae-time di "Spitting Out The Demon") . Un ritorno, quindi, quando è già l'alba e si riesce a fatica a tenere gli occhi aperti.
(6.3)