lunedì, settembre 24, 2007

Mum, Go Go Smear The Poison Ivy

Come dannati, i Mum spiano la luce dai meandri di una buia caverna, dove la speranza non trova spazio, perché tutto è già stato scritto. Non resta allora che rifugiarsi nel passato, in attesa di un evento impossibile eppure nascostamente atteso. E' quello che fa il gruppo islandese con questo nuovo album, il primo dopo l'abbandono di Kristín Valtýsdóttir (che segue quello del fratello Gyða nel 2002). Dal folto sottobosco musicale nordico, si levano allora voci di bambini defunti - ormai scomparsi, oscurati dal suono marziale delle drum machine - ricordi d'infanzia appesi al suono di campanellini, voci familiari che si sentivano alla radio da piccoli, rumori vari di piatti e stoviglie di un pranzo domenicale, ormai purtroppo solo in forma di campionamenti. Il patchwork musicale che ne deriva, in cui trovano posto elettronica e strumenti vintage, è simile ad una liturgia pagana, che cerca di nascondere dietro una voce eterea la propria pena - i riferimenti vanno qui dalla claustrofobia dei Low ("A Little Bit, Sometimes") ai "cugini" Sigur Ros ("I Was Her Horse"), ma trovano un paragone più attendibile nel recente Radical Face, "Ghost" ("Moon Pulls"). Alla fine però, come era già stato predetto, torna sempre l'inverno, che uccide i morenti fiori della speranza , raccolti nella consapevolezza dell'appassire. (6.9)

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